COS'E' LA BIOPLASTICA?

Per l'European Bioplastics una bioplastica e' una plastica biodegradabile, a base biologica o
entrambe. Purtroppo, l'unica normativa europea a tutela dei consumatori in termini di
cosiddette virtu' ecologiche delle bioplastiche riguarda solo la pubblicita' ingannevole: al
momento non esistono standard europei per l'etichettatura ambientale delle bioplastiche,
oltre a "biodegradabile e compostabile". Qualsiasi altra cosa scritta sul prodotto deve essere
studiata attentamente, non letteralmente. Come in molti altri ambiti del green washing,
anche le bioplastiche richiedono molta attenzione e pochissimo ingegno. La biodegradazione
e' un processo naturale che sta alla base di tutta la materia biologica.
Siamo anche noi biodegradabili. Tuttavia, cio' che creiamo potrebbe non esserlo.
O meglio, anche i manufatti umani sono interessati dalla biodegradazione naturale, ma questo
processo puo' durare centinaia di anni, soprattutto in ambienti marini dove la biodegradazione e' molto piu' complessa .
Un concetto di base: l'impatto ambientale di un
determinato materiale e' legato al tempo necessario per la biodegradazione e strettamente
correlata. Cio' che rende biodegradabile un elemento non e' tanto la sua materia prima quanto
la sua struttura chimica. Affinch e' un biopolimero sia biodegradabile, deve avere una
struttura chimica il piu' possibile simile alle sostanze presenti nell'ambiente. Con una
struttura che non permette la biodegradazione e materiali derivati dal petrolio, e' possibile.
La biodegradabilita' di un oggetto dipende infatti dalla capacita' dei vari microrganismi di
attaccarlo e trasformarlo, insieme all'idrolisi, alla fotodegradazione e all'ossidazione, nei suoi
elementi costitutivi: anidride carbonica, metano, acqua e biomassa. Nella fase finale,
idealmente, si trasforma da materiale organico a materiale inorganico, cio e' minerali: questo
processo e' in realta' chiamato anche mineralizzazione, liberando sostanze tossiche ancora piu'
inquinanti del materiale di partenza.


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La velocita' e l'effettiva biodegradazione totale di questo processo dipendono dal tipo di
materiale, dallo spessore e dalle condizioni ambientali. Infatti gli ambienti in cui puo'
avvenire la biodegradazione possono essere diversi: suolo, acqua dolce, acquamarina,
compost di piante industriali, compost domestico, discarica. In questi luoghi sono molte le
variabili che determinano diversi tassi di biodegradazione: quantita' e qualita'dei
microrganismi, umidita', temperatura, quantita' di luce UV, pH e presenza o assenza di
ossigeno. Piu' grande un oggetto viene rilasciato nell'ambiente, piu' a lungo rimane
nell'ambiente poiche' si biodegrada: il processo passa infatti attraverso frammenti sempre
piu' piccoli che, ad esempio, possono essere intercettati e ingeriti da vari animali.

I SACCHETTI DI PLASTICA
Il 13 agosto 2017 e' entrata in vigore la legge n. 123/2017 e l'articolo 9 ter contiene una nuova
normativa sui sacchetti di plastica. Converte la Direttiva UE 2015/720./2006 e si applica a
tutti i sacchetti di plastica, entrambi forniti ai consumatori per il trasporto dei propri
acquisti, nonche' a quelli richiesti ai fini igienici da settori come ortofrutta, gastronomia,
macelleria. Questa plastica contiene additivi che facilitano l'ossidazione e la successiva
frammentazione in un periodo di tempo relativamente breve.
Nonostante le affermazioni dei produttori, sembra produrre microplastiche piu' velocemente;
puo' rilasciare nell'ambiente metalli pesanti a causa degli additivi utilizzati; creera' un impatto
ambientale maggiore rispetto alla plastica tradizionale se gettata nelle
discariche e danneggera' il processo di riciclaggio della plastica, facendola decomporre piu'
velocemente per l'esattezza. In definitiva, i presunti vantaggi rivendicati dai produttori
e offerti ai consumatori, li porteranno ai veicoli fuoristrada, con il rischio di incoraggiarli a
rinunciare a queste plastiche in un ambiente designato.venduto come una
scelta ecosostenibile, in realta' puo' essere molto piu' impattante e molto piu' inutile:
un sacchetto compostabile per i rifiuti comuni, a differenza di un normale sacchetto
di polietilene, conservato in casa per diversi mesi diventa fragile e fragile.

COSA SIGNIFICA COMPOSTABILE?
E' bene ribadirlo ancora una volta: "compostabile" significa che il materiale e' in grado di
trasformarsi in un impianto di compostaggio industriale in terriccio fertilizzante in
condizioni controllate, con aerazione forzata e elevate temperature: sono tutte variabili che
non si incontrano nel compostaggio domestico e men che meno in natura. Una plastica
compostabile, per compostarsi effettivamente, deve essere conferita solo ed unicamente in
un impianto di compostaggio industriale. Attenzione che non tutto il rifiuto organico viene
riciclato in Italia in questo tipo di strutture, ma esistono anche impianti di "digestione
anaerobica" , che potrebbero non accettare bioplastiche.
Abbiamo fin qui parlato delle bioplastiche "biodegradabili e compostabili" secondo lo
standard EN 13432, pensato per gli imballaggi e che quindi ne prevedono la raccolta
differenziata ed il recupero: : i marchi che attestano la compostabilita' di una bioplastica in
un determinato ambiente si basano pertanto su standard propri o nazionali.
1) biodegradabile nel compostaggio domestico
Il materiale deve potersi biodegradare in un compost domestico (in un ambiente quindi non
controllato e con temperatura variabile) almeno al 90% entro 12 mesi.

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- Home Compostable DIN-Gepruft (DIN CERTCO)
- OK compost HOME (TUV AUSTRIA Belgium)
2) biodegradabile in acqua dolce, in ambiente marino e nel suolo
Oltre ai materiali compostabili in casa cominciano a diffondersi bioplastiche in grado di
decomporsi in tempi sufficientemente rapidi anche in ambienti naturali, tali da non causare
troppi danni alla fauna:
a) nel suolo, per i prodotti che, come i teli per la pacciamatura o altri elementi plastici usati in
agricoltura, sono in grado di biodegradarsi sul suolo:
- "biodegradable in soil DIN-Gepruft" (DIN CERTCO)
- OK biodegradable SOIL (TUV AUSTRIA Belgium)
b) biodegradabile in acqua dolce e biodegradabile in ambiente marino, proposti da TUV
AUSTRIA:
- OK biodegradable WATER
- OK biodegradable MARINE (come potrebbe essere necessario per determinati
strumenti da pesca)

CHE COS'E' UNA BIOPLASTICA?
Per riprendere la definizione data da European Bioplastics, una bioplastica e' un tipo di
plastica che puo' essere biodegradabile, a base biologica o possedere entrambe le
caratteristiche. La torba non e' quindi considerata rinnovabile, cosi' come alcuni tipi di
essenze . La biomassa puo' essere ottenuta dai materiali di scarto da altre lavorazioni, oppure
provenire da coltivazioni apposite. Se una plastica a base bio puo' essere creata solo
parzialmente da biomassa, significa che una parte di essa proviene necessariamente da fonti
non rinnovabili. Ad esempio, sui sacchetti ultraleggeri obbligatori da inizio 2018 per il
reparto orto-frutta dei supermercati c'e' indicata la percentuale di materiale rinnovabile in
essi contenuta, percentuale che da normativa dovra' essere aumentata progressivamente,
dall'attuale 40% minimo. Per le bioplastiche biodegradabili e' molto importante che anche
tutti i componenti addizionali siano biodegradabili.
In natura esistono gia' dei polimeri naturali, come la chitina , la lignina , i polisaccaridi come
l'amido o la cellulosa , poliestere , fibre proteiche come la lana e la seta. Oltre a questi
polimeri naturali esistono svariate varieta' di bioplastiche, polimeri e co-polimeri il cui elenco
non sara' mai esaustivo, anche perche' in continua evoluzione. Chiameremo questo tipo di
plastiche "plastica vegetale", per non confonderla con la bioplastica biodegradabile. Ad
esempio, la bottiglia con sopra scritto bio-PET e' comunque PET e se finisce in mare non
degrada.
Si chiamano tecnicamente "drop-in". Sono chimicamente identiche alle loro versioni
"fossil-based" e come quest'ultime non biodegradabili. Esiste anche la plastica verde
derivata dalla canapa : salvo diversa certificazione e' anch'essa non biodegradabile.

BIOPLASTICHE "A BASE BIO" E BIODEGRADABILI
L'acido polilattico (PLA) e' uno dei materiali piu' conosciuti e non e' altro che un polimero
(per meglio dire poliestere) chimico, creato da monomeri naturali(acido lattico del mais,
patate, grano ecc.) Esistono, talvolta, altri tipi di PLA come ad esempio quella prodotta da
materiali di scarto agricolo, per cui e' 100% a base bio.

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Per una degradazione completa richiede un particolare compostaggio industriale,per
velocizzare i tempi. Il PLA viene usato nel settore alimentare per bicchieri,piatti e posate. Il
vantaggio del suo utilizzo consiste nel suo smaltimento,in quanto esso puo' essere smaltito
direttamente nel compostaggio industriale,senza la necessita' di subire processi di
separazioni di elementi. I poliidrossialcanoati (PHA e PHB) sono polimeri (poliestere)
sintetizzati chimicamente da batteri mediante la fermentazione dell'amido del
mais,patate,tapioca o da oli vegetali. I PHAs sono attualmente le uniche plastiche
biodegradabili in mare,sia in acqua dolc che salata, e in soli 10 giorni vengono degradati
senza lasciare residui.
Le plastiche a base di amido sono miscele formate da amido con poliesteri compostabili e
additivi vari. L'amido puo' provenire da patate o grano non geneticamente modificati. La
loro miscelazione con i poliesteri e' utile per migliorare la loro resistenza all'acqua, le
proprieta' meccaniche e la resistenza alla lavorazione. Normalmente il contenuto di mais
non supera il 50%.
Un esempio del loro utilizzo e' osservabile dai sacchetti bio,teli per la pacciamatura e
tramite le varie applicazioni nel settore alimentare.
bioplastiche 100% da petrolio, biodegradabili
Sono ottenute da sintesi chimica,da risorse non rinnovabili come i combustibili fossili con
processi petrolchimici. Questi materiali sono combinati da polimeri a base biologica come
bioplastiche a base di amido e PLA.
Alcuni tra questi prodotti,come ad esempio il PBAT e il PBS sono utilizzati per i sacchi della
spazzatura,pellicole per alimenti e generalmente per imballaggi alimentari.

IL FUTURO DELLE BIOPLASTICHE
ogni giorno si lavora affinche' le bioplastiche diventino sempre piu' sicure e maggiormente
degradabili. Ad oggi si sta cercando di utilizzare i rifiuti organici domestici come fonte
primaria per la produzione di bioplastiche. Tuttavia, si ha intenzione di utilizzare altri
polimeri come la cellulosa,le pectine o il chitosano. Molti artisti o designer, hanno da tempo
iniziato a produrre le loro svariate opere utilizzando esclusivamente oggetti biodegradabili
e riciclabili come ad esempio particolari cannucce, una linea di buste e posate prodotte
interamente con la fecola di patate,che potremmo anche mangiare o addirittura produrre
autonomamente in casa.
La bioplastica risolve il problema della plastica negli oceani? Ad oggi e' stata riscontrata una
risposta negativail rapporto UNEP del 2015 riconosce che i polimeri che si biodegradano in
terraferma in condizioni favorevoli, si biograderanno anche in ambiente marino,ma sulla
base delle attuali prove scientifiche e' difficile capire in grosso modo l'impatto che questi
avranno negli oceani.
Attualmente,l 'unico beneficio che le bioplastiche potrebbero apportare riguarda la
quantita' di rifiuti plastici presenti nei mari e negli oceani che sicuramente sara' dimezzata.
La stessa conclusione e' stata riscontrata da una ricerca piu' recente fatta nel 2017,
dall'universita' di Bayreuth che ha affermato che generalmente grandi quantita' di
bioplastica,se immesse in acqua impiegherebbero in media 270 giorni per degradarsi
completamente.